Anziani fragili, come uscire dell’emergenza

La Legge Delega per l'assistenza ai non autosufficienti permetterebbe, se implementata, di garantire una migliore qualità di vita ai fragili e sostegno alle loro famiglie

La recente vicenda della lungodegenza di Settimo Torinese ‒ dove 24 tra medici e infermieri sono indagati per maltrattamenti su numerosi anziani ospiti ‒ lascia sgomenti ma, purtroppo, non sorpresi. Sono molti i casi simili di cui siamo spettatori in istituti, case di riposo e “case famiglia”, molte di queste moltiplicatesi in modo rapido e improvviso senza alcuna autorizzazione e controllo. Anziani molto fragili, molto avanti nell’età (una delle vittime a Settimo Torinese aveva oltre cento anni), spesso con problemi cognitivi o di Alzheimer, vengono trovati legati nei letti, sedati, maltrattati, non lavati o malnutriti. In Italia, dove ormai il 25% della popolazione è composta da over-65, gli anziani “fragili”, cioè facili a “frangersi”, sono circa 4 milioni. Portatori di pluri-patologie fanno fatica ad affrontare le difficoltà della salute e della vita quotidiana, anche perché 3 su 10 vivono da soli e spesso non hanno modo di coprire le spese di assistenza. Mentre gran parte delle necessità di cura ricadono sui familiari ‒ quando vi sono ‒ o sui caregivers conviventi o badanti ‒ quando si trovano, visto che ne mancano 200mila, e quando si è abbastanza ricchi da poterseli permettere ‒ l’unica alternativa risulta, nei momenti di crisi, il ricovero in ospedale. È però sotto gli occhi di tutti quella che si rivela a tutti gli effetti una vera e propria “trappola”: giorni interi passati in condizioni estreme nei Pronto Soccorso in attesa di un letto, condizioni all’uscita spesso peggiori che all’entrata, con sindromi da allettamento, piaghe da decubito e disorientamento. Oltre a costi sanitari alti per il sistema sanitario nazionale per ricoveri impropri che si sarebbero potuti evitare con le cure domiciliari.

Oltre 2 anni fa, con la Legge Delega 33/2023, l’Italia si è finalmente dotata di una “visione” e di uno strumento giuridico che permetterebbe, se implementato, di garantire una migliore qualità di vita agli anziani fragili e sostegno alle loro famiglie attraverso l’assistenza domiciliare integrata socio-sanitaria, la telemedicina, l’ospedale a domicilio, e l’obiettivo della permanenza nella propria casa, luogo dell’identità e della memoria. Purtroppo, si assiste a troppa timidezza nell’attuazione di questa Legge, votata peraltro in modo bipartisan ‒ il cui aspetto più visibile, per ora, è stato l’Assegno universale del Decreto attuativo del 2024 che aggiunge circa 800 euro mensili per le cure assistenziali ma che, per i troppo stringenti criteri di reddito, età e disabilità, si avvia a raggiungere una platea impercettibile di appena 2.000 soggetti in tutta Italia. E ciò mentre l’ADI, l’assistenza domiciliare, rimane di tipo “prestazionale” ‒ poche ore l’anno – sì, l’anno ‒ che giovano ben poco a chi ha bisogno di cura continua.
Ci si può solo augurare che vengano accolte le parole del Capo dello Stato che pochi giorni fa ha ricordato proprio la necessità di una pronta realizzazione della legge in questione: «È essenziale che le linee in essa contenute trovino concreta attuazione a opera delle istituzioni centrali e locali». Perché, ha aggiunto, «alle criticità che si manifestano occorre saper corrispondere in modo efficace, con una stretta integrazione tra servizi sociali e servizi sanitari». Intanto, ciò che è sotto gli occhi di tutti è questo grande mondo di fragili che, come l’anziano ultracentenario di Settimo, con le parole o magari solo con lo sguardo, grida dai tanti luoghi della mala assistenza: «Portami a casa, non lasciarmi qui». Non è un problema marginale, e non solo perché, come ha insegnato papa Francesco, dal modo in cui sono trattati gli anziani si vede la qualità di una società. È anche perché non c’è quasi famiglia che non viva, a volte con angoscia, l’emergenza dei “grandi anziani”. E perché quell’anziano domani sarò io, sarai tu.
A fronte di questa vera emergenza nazionale, è necessario utilizzare tutte le risorse disponibili, come la telemedicina e la domotica che facilitano l’assistenza domiciliare e possono evitare i ricoveri impropri. E ancora: allargare la platea degli assistenti familiari grazie alle risorse umane non utilizzate dei giovani immigrati, fare rete tra Governo, Regioni, Enti Locali e Inps, coinvolgere le forze del Terzo Settore e dell’associazionismo in questa battaglia di civiltà, anche grazie al contributo di molti “anziani giovani”, con tempo libero ed energie sufficienti per dare – come spesso già fanno ‒ un importante contributo. In altre parole: il tema della vecchiaia e della sua cura fino agli ultimi giorni riguarda davvero tutti. Soltanto con il contributo creativo e solidale di tutti potremo affrontarlo per trarre da una debolezza una vera forza di umanità e di buona politica.

Commenti chiusi

I commenti per questo post sono chiusi.