Il manifesto della Comunità di Sant’Egidio: Anziani più protetti e spese sanitarie ridotte

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di Marco Impagliazzo, Corriere della Sera, 18 luglio 2020

La crisi scatenata dalla pandemia non ha avuto uguali conseguenze per tutti. Una categoria di persone ha sofferto più di altre in termini di vittime e di isolamento: gli anziani.
Un «pianeta» che ha in comune l’età ma attraversa, in modo democratico, tutti gli strati sociali. È stato, per tanti aspetti, il dramma nel dramma del coronavirus nel Nord del mondo e in Italia, dove – rileva l’Istat – ben l’85 per cento dei decessi per effetto del Covid-19 si sono manifestati nella popolazione ultrasettantenne. Un dato che colpisce, insieme a un altro, fornito dall’Istituto superiore della Sanità, che segnala il numero elevatissimo di morti tra gli anziani istituzionalizzati nelle Rsa e nelle case di riposo, il doppio rispetto a quelli che vivevano nelle loro abitazioni.

Ciò che è successo non può lasciarci indifferenti né attendisti. E proprio ora, quando il nostro Paese ha preso le misure della pandemia e risulta più equipaggiato ad affrontare eventuali nuove emergenze sanitarie, che occorre intervenire. Ora, che le ferite di questa moderna strage degli innocenti sono ancora aperte e hanno lasciato un segno in tante famiglie, è il momento per ripensare la nostra società con una rinnovata solidarietà intergenerazionale e nuovi modelli di assistenza e cura per i più vulnerabili. È anche questo il motivo che ha spinto, il 20 maggio scorso, la Comunità di Sant’Egidio a promuovere un appello internazionale – partito proprio dalle pagine di questo giornale – che ha già raccolto decine di migliaia di firme, tra cui quelle di alcuni autorevoli rappresentanti delle istituzioni e del mondo della cultura.

«Senza anziani non c’è futuro. Per riumanizzare le nostre società, no a una società selettiva» è un manifesto per ripartire, dopo la crisi, con una visione diversa dell’Europa, in cui gli anziani non siano più considerati, come ha detto papa Francesco il 29 giugno scorso, «materiale di scarto». Anche perché molti sono già – e tutti sperano di diventare in futuro – anziani, quindi bisognosi, come in ogni altra fase della vita, di relazioni umane e di vicinanza. A uccidere o a rendere comunque più difficile la cura degli anziani durante la pandemia è stato infatti anche un altro virus, quello della solitudine, per il quale però abbiamo già un vaccino efficace: l’attenzione che noi tutti e le istituzioni dovrebbero avere per i cittadini più fragili.

L’appello ha proprio l’obiettivo di tenere alta questa attenzione. In primo luogo, evitando che si riproponga in futuro l’inaccettabile dilemma del «dover» scegliere chi curare perché è contrario a ogni principio umano e costituzionale, nonché alla Dichiarazione universale dei diritti dell`uomo: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona». In secondo luogo, il manifesto promuove un ripensamento radicale dei nostri sistemi sanitari, che si basi su una prevalenza della domiciliarità delle cure insieme alla costruzione di reti di prossimità attorno agli anziani, a partire dai soggetti che rappresentano la vita quotidiana, fino al monitoraggio attivo di chi abita da solo.

Le istituzioni dovrebbero farsene carico favorendo nuove soluzioni già sperimentate con successo da Sant’Egidio – come il cohousing e i condomìni protetti che consentono di evitare l’istituzionalizzazione continuando a vivere in una casa, con tutti i vantaggi che comporta, in età avanzata e anche in presenza di serie patologie. La crisi vissuta può aiutare a realizzare una svolta innovativa che offrirebbe maggiore protezione per gli anziani e, al tempo stesso, spese sanitarie più contenute. Ma occorre intervenire subito, prima che un tema così centrale per la società torni nuovamente – e colpevolmente – in secondo piano.

Diceva il cardinal Martini nel 1990: «Sulla dignità della vita offerta agli anziani si misura il profilo etico di ogni società e dell`Europa: è un test che mostra l’eticità della convivenza umana». Si tratta di parole che non risultano solo attuali, a distanza di trent’anni, ma in qualche modo profetiche perché ci indicano la strada da percorrere se vogliamo che le nostre società conservino quell’impasto di civiltà e di umanesimo senza il quale non esisterebbe il nostro continente così come lo conosciamo, cioè solidale con tutti i suoi cittadini, senza esclusioni.

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