Il presidente della comunità Sant’Egidio Marco Impagliazzo a TPI: “Reddito di cittadinanza esclude i più poveri e i più fragili”

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di Anna Ditta su TPI del 13/03/2019

“La povertà assoluta è fatta di molte cose: il lavoro spesso è l’ultimo anello della catena”. Intervista a Marco Impagliazzo su migranti, povertà e razzismo in Italia

Il reddito di cittadinanza “esclude le persone più povere e più fragili”, mentre i rimpatri sono “uno spot elettorale” che può “accontentare qualche persona che ce l’ha con gli immigrati o che pensa che ci sia un’invasione”, non un vero cambiamento. Sono alcune delle riflessioni aperte da Marco Impagliazzo, presidente della comunità di Sant’Egidio, associazione, in prima linea per la solidarietà a poveri e migranti, nata in Italia 50 anni fa. In un’intervista a TPI, Impagliazzo parla del decreto sicurezza e del disastro dell’Ethiopian Airlines, ma anche di razzismo e integrazione, in un momento in cui questi temi nel nostro paese sono più caldi che mai.

Presidente, a bordo del volo Ethiopian Airlines precipitato c’erano anche italiani che credevano in un futuro migliore per l’Africa.

La comunità di Sant’Egidio è molto addolorata per questa scomparsa, si tratta di persone che generosamente spendevano la loro vita per l’Africa e per gli africani, mostrando che c’è ancora da parte di noi europei il bisogno di stare dalla loro parte e fare qualcosa per lo sviluppo di questo continente.

Erano persone un po’ in controtendenza rispetto alla cultura prevalente oggi in Europa, di chiusura, ripiegamento su sé. Loro invece hanno continuato a tenere alta la bandiera della solidarietà e della collaborazione con il popolo africano, che sono la vera soluzione a uno dei più grandi problemi che il mondo occidentale sta affrontando: l’immigrazione internazionale.

È un dolore in più per noi la perdita di Carlo Spini e della moglie Gabriella Vigiani, e di Paolo Dieci, con cui abbiamo collaborato per anni per un progetto in Malawi, dove abbiamo lavorato per una cura dei malati di Aids, una cura gratuita che ha permesso a migliaia di bambini di nascere sani da madri sieropositive.

Erano persone care alla nostra comunità, eravamo amici: un’amicizia non nata in un bar, ma sorta intorno all’aiuto allo sviluppo e alla cura dei malati.