“Interventi nei Paesi di partenza e fondi privati per salvare vite umane”. Intervista a Marco Impagliazzo

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Il Fatto Quotidiano, 25 giugno 2015

di Vanessa Ricciardi

“Abbiamo aperto con il ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, un tavolo sui profughi”. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha un piano ben preciso: “A differenza di chi urla e grida contro i migranti, noi abbiamo conosciuto le loro storie di sofferenza, e qualche cosa possiamo farla”.
In cosa consiste il piano?
Cinque punti. Il primo, che sperimenteremo con la Federazione delle Chiese Evangeliche, è l’humanitarian desk e verrebbe gestito interamente con l’8 per mille delle Chiese evangeliche e i nostri contributi. Consiste nel fare una prima inchiesta con la collaborazione delle ambasciate italiane per stabilire chi ha le caratteristiche per ottenere i visti umanitari, prima che prendano i barconi. È impossibile attuarlo nelle zone di guerra, ma può realizzarsi in Libano, dove arrivano migliaia di profughi dalla Siria e dall’Iraq, e in Marocco, dove giungono quelli dal Sahel. Un modello anche per altri Paesi Ue.
Quale percentuale degli attuali migranti avrebbe diritto a questi permessi?
Il 70-75%. È chiaro che è impossibile rilasciarli a tutti,per questo abbiamo pensato ad altre azioni. L’ipotesi sarebbe quella di costituire un Ufficio dell’immigrazione europeo, da aprire in un Paese nordafricano. Poi, ed è il secondo punto, vorremmo avviare un negoziato per la revisione degli accordi di Dublino, quelli per cui abbiamo i migranti fermi a Ventimiglia.
Crede che ci sia l’intenzione di metterlo in discussione?
L’Europa è divisa in due, Nord e Sud. Per i paesi più interessati, l’Italia e la Grecia, sì. Naturalmente non per quelli del Nord. Già semplificare i ricongiungimenti familiari, oggi molto difficili, sarebbe un passo avanti. Il terzo punto, sono le sponsorship private: permettere alle associazioni di finanziare, e poi garantire all’arrivo, le partenze per gruppi di migranti che ne hanno i requisiti. Come quarto e quinto punto, per salvare tante vite umane, proponiamo il rilascio di visti e permessi umanitari.
Crede che nel clima attuale ci sia questa disponibilità?
Sì. Un vescovo canadese ha pagato per il trasferimento di 1000 profughi siriani rifugiati in Libano. Le azioni di solidarietà alla stazione di Roma Tiburtina e di Milano mostrano che ci sono molti italiani che vorrebbero aiutare. La chiesa sarebbe felice di farlo.
Una volta concessi i permessi, l’Italia sarebbe in grado di accogliere queste persone?
Certo. Su una previsione di 180 mila migranti nel 2015, meno della metà vuole restare. E i fondi europei ci sono, anche se sono stati usati male, pensiamo a Mafia Capitale. L’Ue stanzia 35 euro a migrante al giorno, a loro ne vanno 2,50, il resto serve al sistema di accoglienza. Manca però la regia pubblica, perché la politica è vittima delle grida anti-immigrazione.
Il Consiglio europeo sbloccherà la situazione?
Solo in parte. L’Europa ancora non è preparata e c’è troppa pressione di parte dell’opinione pubblica.
E il piano B di Renzi?
Potrebbe concedere ai migranti a Ventimiglia dei visti per motivi umanitari. Entrerebbero subito in Francia. Più che altro un gesto di ritorsione.

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