La Giornata della Memoria non è solo commemorazione: invita l’Europa a combattere i nuovi razzismi e a difendere convivenza e integrazione

Tag:

Huffington Post, 26 gennaio 2016

di Marco Impagliazzo

Nella Giornata della Memoria risuona per tutti l’imperativo della tradizione ebraica: Zakhòr, ricorda! Ricorda i milioni di donne, uomini e bambini uccisi nei lager nazisti, ricorda i volti dei sopravvissuti fissati negli scatti dei soldati che aprirono i cancelli di Auschwitz il 27 gennaio 1945, ricorda le parole di chi ha potuto testimoniare quell’orrore trasmettendo al mondo un monito prezioso: il disprezzo e l’odio conducono all’omicidio, sono l’anticamera dello sterminio. Non possiamo dimenticare. Ancor più oggi, mentre la generazione dei testimoni sta scomparendo, fare memoria è un impegno da assumere. E quando la Shoah nella sua enormità ci sembra incomprensibile, come manifestazione del male che irrompe nella storia e sconvolge la vita umana, ci soccorrono le parole di Primo Levi, che ammoniva: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.

Per non ridurre la Giornata della Memoria a una ricorrenza formale e abitudinaria, è necessario farne occasione di riflessione sull’antisemitismo e sul razzismo del nostro tempo. La memoria di ciò che è stato, infatti, non è mera commemorazione. È per tutto un popolo impegno di approfondimento, affinché gli errori e le atrocità del passato non si ripetano. La parabola del rapporto, spesso contrapposto, tra cristianesimo ed ebraismo ha attraversato i secoli con varie caratteristiche, ma l’evoluzione dei legami nel XX secolo ci dice che nella storia tutto può cambiare. Anche una diffidenza antica e radicata, può trasformarsi in rispettosa amicizia. Il giovane prete Angelo Roncalli era iscritto all’Associazione Amici di Israele che nel 1928 fu sciolta da Pio XI perché chiedeva la rimozione della formula sui “perfidi Giudei” nella preghiera del Venerdì Santo. Quando divenne papa, nel 1958, alla prima Settimana Santa utile, quella del 1959, provvide a rimuovere quella formula irritante.

Ed a Papa Giovanni XXIII si rivolse con fiducia lo studioso ebreo Jules Isaac, che incontrandolo nel 1960 trovò terreno fertile per una revisione dell’atteggiamento cattolico verso gli ebrei. Si chiedeva Isaac: “Com’è stata possibile la follia sterminatrice nazista dopo quasi duemila anni di predicazione cristiana in Europa?”. Oggi l’Europa è chiamata a far tesoro degli insegnamenti della storia e a costruire, anche in virtù della bimillenaria predicazione cristiana, una civiltà del convivere che combatta ogni forma di razzismo e in cui ciascuno possa vivere pacificamente. E in questo senso la memoria delle tragedie prodotte dall’antisemitismo rappresenta un pilastro della convivenza.

La Giornata della Memoria ci spinge, dunque, a riflettere sull’Europa e sulle forme di discriminazione e rifiuto dell’altro che rischiano di generare razzismo e violenza.L’afflusso di rifugiati da Siria, Iraq, Afghanistan, Eritrea, assieme ad altri che fuggono da situazioni di povertà estrema, suscita interrogativi e preoccupazioni. Tuttavia i popoli europei, con manifestazioni spontanee e impreviste di accoglienza, si sono mostrati in vari frangenti meno spaventati dei propri governi. Chiudere le porte di fronte a chi fugge dalla guerra o da situazioni invivibili non è atteggiamento degno delle idealità che sono alla base della costruzione europea. La scelta di generosità, cui l’Europa è tenuta se vuole avere un futuro, deve però coniugarsi a politiche intelligenti d’inclusione e integrazione, per prevenire la conflittualità e favorire nei nuovi europei un reale senso di appartenenza alla storia e ai valori dell’Europa unita. La costruzione di una civiltà del convivere è forse la sfida maggiore del nostro tempo. Per affrontarla, sono necessarie politiche lungimiranti e di lungo respiro.

Commenti chiusi

I commenti per questo post sono chiusi.