10 anni ricchi di sorprese. Papa Francesco, l’unico vero leader mondiale

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Il pontificato di Papa Francesco, di cui domani ricorre il decimo anniversario, può considerarsi una grande sorpresa. non solo per la Chiesa cattolica ma per il mondo Intero. Venuto “dalla fine del mondo” – come lui stesso disse appena eletto -, rappresenta una novità senza precedenti per il suo stile, per alcune decisioni di rottura (tra cui la stessa scelta del nome e quella di non vivere nel Palazzo apostolico), per le sue parole e il suo rapporto privilegiato con i poveri.
Ci si chiede qual è il contributo di questo papa di origine argentina nel sollevare una Chiesa che, dopo le dimissioni di Benedetto XVI, non per sua colpa, era comunque considerata in declino. La crisi, in realtà, sembra essere oggi una condizione permanente di tutte le istituzioni. Eppure, in questi anni di Francesco si è avuta spesso la sensazione di vivere una primavera della Chiesa. Si è sviluppato un rapporto nuovo tra il Papa e tante persone che, ascoltandolo, si ritrovano popolo.
D’altra parte, non sono mancati i critici di questo pontificato, alcuni dei quali hanno espresso obiezioni che appaiono quelle di chi resiste al cambiamento proposto da Francesco, cioè la “conversione pastorale”, rifuggire la mondanità spirituale e «uscire». Non tutti, insomma, amano la Chiesa in uscita.
Una delle critiche che, in ambiente ecclesiastico, sono rivolte a Papa Bergoglio è la semplicilà della sua predicazione e della sua dottrina. Ha detto Francesco: «L’omelia è la pietra di paragone per capite la vicinanza e la capacità di incontro di un pastore con il suo popolo». Tra tanti favorevoli all’opera del Papa è indubbio che si stiano allargando settori perplessi riguardo alle sue decisioni di govemo. Non ha troppo investito sull’incontro con la gente e sulla parola? Che nomine ha fatto? Che riforme ha introdotto? Sono domande che vengono anche da ambienti radicali che vorrebbero cambiamenti decisivi sulle donne nella Chiesa, sul matrimonio, la democrazia e via dicendo. Ma il Papa ha spiegato più volte che il suo metodo è quello di aprire processi.
Mentre si compiono dieci anni di pontificato il Papa appare, in ogni caso, come l’unico leader a livello mondiale in grado di prendere per mano un mondo sballottato da gravissime crisi. In forza delle parole e delle immagini, veicolate in tutto il mondo, del marzo 2020, quando il Papa si ritrovò solo, in preghiera per il mondò colpito dalla pandemia, a piazza San Pietro restano uno dei momenti più significativi della storia di questi primi vent’anni del XXI secolo.
Il Papa parla del Vangelo senza aggiunte, mette i poveri al centro e mostra che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Poi traccia la geografia di un mondo fraterno e pacifico. Il Papa è inoltre un padre per i migranti, perché per la Chiesa sono tutti figli, specie i più vulnerabili. In altre parole Francesco incarna la tensione all’unità tra i popoli: una profezia tra Chiese in conflitto (come gli ortodossi), tra mondi che si ignorano o si combattono.
Viene da chiedersi se le freddezze o le ostilità verso di lui non provengano da  un rigetto di fondo della sua visione: il superamento della globalizzazione dell’indifferenza per una globalizzazione umana e spirituale che dia un’anima a un mondo unificato solo da un punto di vista finanziario e mediatico, ma in realtà diviso e spietato. Francesco, proponendo una «Chiesa in uscita», traccia il percorso di una conumità viva che non si identifica con una minoranza di nostalgici ma è portatrice della profezia del Vangelo che non può certo far contenti tutti e che sa mettere al centro del mondo globale le domande e le attese di coloro che invece ne sono ancora troppo spesso scartati. Perché – come lui spesso afferma – é dalla periferia che si capisce meglio il centro.

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