La breve parabola della Polizia rosa

Nel 1961 fu istituito un Corpo femminile per il reinserimento delle ex prostitute dopo la legge Merlin. Il progetto si rivelò impraticabile e venne superato nel 1981

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Non molti sanno che tra il 1961 e il 1981 abbiamo avuto in Italia la polizia femminile, una polizia a sé stante, non inquadrata in quella tradizionale, istituita su proposta della democristiana Maria Pia Dal Canton poco dopo l’approvazione della legge Merlin. A questo “corpo” dedica il volume Un nuovo Corpo dello Stato. La polizia femminile in Italia (1961-1981) (Viella, pagine 252, euro 26,00), Liliosa Azara, docente di Storia delle donne all’Università Roma Tre.

Tale Corpo, creato poco dopo la chiusura delle case di tolleranza, in un clima segnato da una spinta etica di matrice cattolica, ma anche da una sorta di proto-femminismo, era pensato per favorire il reinserimento sociale delle ex prostitute, nonché per venire incontro ad esigenze non strettamente securitarie, bensì più largamente moraleggianti e normalizzatrici. Esso avrebbe dovuto inquadrare un personale con caratteristiche particolari, connotate come tipicamente “femminile ovvero dolcezza, pazienza, equilibrio, senso materno, in vista dell’esercizio di funzioni di cura e di accompagnamento, della protezione dei minori e delle donne, come pure della loro promozione sociale e culturale. Il nuovo organismo avrebbe assunto una fisionomia distinta all’interno della Polizia, come risultato di una mediazione tra chi avrebbe preferito sancire un principio di uguaglianza tra i generi e chi invece si faceva interprete di una certa resistenza all’idea, convinti come si era di una specificità muliebre che sarebbe stato difficile, se non addirittura dannoso, e fonte di disordine, dissolvere in una piena parità di percorsi, di compiti, di funzioni.

Benché la polizia femminile nascesse all`ombra di un pregiudizio, fosse subordinata ad un`autorità maschile e finisse per configurarsi come una soluzione alla lunga impraticabile – tanto che sarebbe sopravvissuta per soli vent`anni, fino allo scioglimento de11981, nel quadro della costituzione di una Polizia di Stato senza alcuna barriera di genere -, è merito di Liliosa Azara, studiosa originale del percorso di liberazione della donna aver restituito il valore di un`esperienza che ha contribuito anch`essa, in maniera nascosta, nel quadro di una resistenza tendenzialmente silenziosa, a quel processo di emancipazione femminile che ha caratterizzato la storia del secondo dopoguerra. Nel volume si esplora con rigore storico un materiale sterminato che riesce, proprio grazie alla sua ricchezza e poliedricità, a fornire un contributo di spessore non solo alla storia delle donne, ma anche a quella del lavoro in Italia. Ma poi la prospettiva di genere illumina in maniera sorprendente la mens, la postura, la quotidianità di un ambiente tradizionalmente maschile come le forze di sicurezza, facendoci cogliere non solo le storture di un ambiente, bensì pure la sua grettezza, le sue meschinità, il peso dell’inerzia, la forza degli stereotipi.

Il volume delinea la nascita del Corpo in uno scenario globale, nel contesto di un dibattito non minore, in Parlamento e nella società, studia le reazioni dell’opinione pubblica, dà spazio all’ampliarsi delle competenze e registra il progressivo muoversi dell’istituzione verso la riorganizzazione delle attività, fino al riconoscimento di quella uguaglianza sancita negli articoli 3 e 51 della Costituzione. Pagina dopo pagina si coglie un passaggio, un’evoluzione, che ci fa comprendere da dove si è partiti, da quale immaginario ci siamo mossi. Perché, per certi versi, la storia delle donne in Polizia è la storia di alcune esperienze pionieristiche, le quali, con tutti i limiti imposti da una mentalità generale, hanno significato un passo in avanti di cui è difficile non considerare l’importanza. Interessante, in tale prospettiva, uno degli ultimi paragrafi, dedicato all’immaginario collettivo sulle donne poliziotto negli anni Settanta: la storia di un percorso non facile, e nemmeno vittorioso, ma comunque un incamminarsi verso un traguardo lontano. A figure come queste, in qualche modo, tutte le donne di oggi sono comunque debitrici.

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