da Avvenire del 26 luglio 2018
di Marco Impagliazzo
Nel discorso pubblico, come in ogni momento della vita, le parole sono importanti. Hanno un valore e un peso. Se si tratta di personaggi pubblici, addirittura figure istituzionali, l’uso delle parole è ancora più delicato perché vengono diffuse, amplificate, giungono alle orecchie di un pubblico vasto. Queste parole possono influenzare le opinioni pubbliche e spesso sono dette proprio a questo scopo. Per questo lascia perplessi il linguaggio di un importante ministro della Repubblica a proposito di una minoranza variegata presente in Italia da tempo, quella dei rom (mi si perdoni la semplificazione). Parlare, come ha fatto ieri il ministro Salvini, in sorprendente risposta a un efficace intervento del presidente Mattarella che ricordava le persecuzioni subite da questa minoranza a causa delle leggi razziste del 1938, di «30.000 persone che si ostinano a vivere nell’illegalità» definendoli «sacca parassitaria», suona pregiudiziale verso un’intera comunità, oltre che non corrispondente alla realtà.
Forse ci si è dimenticati che la definizione «parassiti» nella storia del Novecento è stata utilizzata per gli ebrei, quando venivano accusati di praticare l’usura.
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