Anche il 2023 si apre per la Chiesa con un messaggio di pace al mondo. È dal primo gennaio 1968 che avviene, per iniziativa allora di Paolo VI. Quest’anno papa Francesco ci riporta al grande tema sollevato dalla pandemia: ci si salva soltanto insieme. Mai come dal 2020, anno in cui è iniziato il contagio del Covid-19, abbiamo potuto capire quanto l’intera umanità stia sulla stessa barca e affronti congiunta il mare della vita, nel bene o nel male: perché qualcosa sia davvero autentico e nuovo deve esserlo per tutti, senza escludere nessuno.
Il Papa, nel suo Messaggio, spiega che lo stesso discorso vale, a maggior ragione, per la guerra: se siamo un’unica umanità quando si combatte in un luogo è come se ne fossero coinvolti tutti, ovunque. C’è infatti un’intima solidarietà nella sofferenza come nella speranza. Se qualcuno soffre per la pandemia o per la guerra vuol dire che presto o tardi tutti ne soffriranno. Di conseguenza tutti ne devono essere consapevoli e coinvolti nel dare una risposta comune per superare insieme ogni crisi sanitaria o conflittuale.
Il 2022 è stato segnato dalla guerra in Ucraina, mentre troppi conflitti ereditati dal passato restano aperti. Ma proprio nel buio della notte che viviamo è risuonata più forte la voce della ragionevolezza e della sapienza racchiusa nelle parole di Francesco: «Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri». Dare voce all’impegno per realizzare la fratellanza umana è sempre più necessario. Infatti, l’urgenza che una voce di pace sia sempre presente per essere ascoltata, la osserviamo anche nella vita quotidiana: se in una città si fa la guerra contro qualcuno, ad esempio contro una minoranza o per motivi religiosi o etnici, contro un ceto o una classe o contro i poveri, ecco che questa città si spacca, si divide e si prepara allo scontro di tutti contro tutti. Dentro tale città va fatta risuonare la voce della pace perché qualcuno la ascolti, ridia speranza e cambi il corso delle cose.
Così riceviamo le parole di papa Francesco, come un appello alla responsabilità di ognuno a tenere – si legge nel messaggio – «i piedi e il cuore ben piantati sulla terra, capaci di uno sguardo attento sulla realtà e sulle vicende della storia». Un invito a essere vigilanti per non restare spiazzati da eventi che sembrano troppo grandi, come appunto la pandemia o la guerra, e cercare sempre la risposta del “noi” e non quella dei tanti “io” in lotta fra loro.
Lasciarsi andare alla contrapposizione e alla paura può accadere ovunque, anche nei paesi del mondo che possono apparire tra i più aperti e rispettosi dei diritti. Ma l’odio che viene seminato prima o poi si paga e a pagarlo sono soprattutto i più poveri. Per preparare un futuro di pace occorre fare udire con forza la voce della pace.
È la ragione per la quale celebrare la Giornata del primo gennaio non è un rituale, ma un’occasione preziosa per ricordare a tutti che vale la pena parlare di pace e di fratellanza umana. Già solo parlarne e scriverne ci libera da un clima inquinato dai veleni della guerra, dall’idea che la pace non sia possibile, come anche il vivere insieme, specialmente nel tempo della globalizzazione.
In questo senso le parole del Messaggio sono come una parabola della pace da raccontare ogni giorno a tutti, un’immaginazione alternativa che sconfigge il duro realismo, dà coraggio ai delusi e rafforza la società intera, non solo la Chiesa che offre questa Giornata a tutti. La pace è necessaria per il nostro benessere, che però è connesso a quello di tutti.
Troppe armi terribili e di distruzione di massa sono prodotte con il rischio che vengano utilizzate, magari per errore, come nel caso delle armi nucleari. Non possiamo accettare che tale destino oscuro incomba su di noi. Ci serve per questo un impegno rinnovato e mai rassegnato a trovare strade di pace, anche perché – come osserva Francesco – «mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra non si sono ancora trovate soluzioni adeguate».
La pace deve essere possibile sempre: è lo spirito con cui il Messaggio ci aiuta a entrare nell’anno nuovo senza mai rinunciare alla speranza che un giorno la guerra sia abolita. Le generazioni passate riuscirono ad abolire la schiavitù: l’onore della nostra generazione potrebbe essere quello di un passo decisivo che abolisca la guerra. Non è un’utopia ma un sogno da realizzare. Nel 2022 abbiamo visto troppa morte per non amare di più la vita in ogni sua fase e stagione. Ripartiamo nel 2023 rimettendo al centro la parola “insieme’; quella che rende tutti più forti.
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