La mobilitazione della Comunità di Sant’Egidio per la pace in Ucraina è cominciata ancora prima dell’invasione russa. Già martedì 15 febbraio, a nove giorni dall’inizio dell’attacco della Russia, i giovani della Comunità organizzano un flashmob davanti al Pantheon, nel centro di Roma. Lo slogan dell’evento è l’hashtag #nowar. Obiettivo: arrivare presto a una mobilitazione nazionale.
«Non sarebbe oggi importante tornare a manifestare per la pace, come si fece vent’anni fa contro la guerra in Iraq? Non sarebbe certo un’ingenuità, ma un atto di realismo da parte delle popolazioni europee», dice in quei giorni Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. Quando esplode il conflitto, Sant’Egidio risponde con la solidarietà. In Ucraina Sant’Egidio è presente dal 1991 e ha costruito negli anni una rete di comunità. I volontari assistono, tra il coprifuoco e gli allarmi aerei, gli anziani e i senza dimora di Kyiv. A Leopoli e Ivano Frankivsk vengono aperti dei grandi centri di accoglienza per aiutare gli sfollati interni distribuendo pasti e bevande caldi.
La comunità è attiva anche alla frontiera slovacca, in Ungheria e in Polonia. Qui si assistono i rifugiati, si distribuiscono generi di prima necessità alle persone in transito e si promuovono attività educative per i bambini nelle Scuole della pace. Aiutare, sostenere, donare, accogliere sono parole chiave. «La guerra è un’avventura senza ritorno, l’uomo diventa un bestia. Serve una grande mobilitazione di tutti i cittadini per la pace. Gli strumenti della diplomazia hanno la possibilità di guardare avanti», dichiara Marco Impagliazzo in aprile, dopo il massacro della popolazione di Bucha. «Il nostro metodo è quello dell’ascolto, dell’estrema riservatezza e della preghiera per la pace», spiega ancora il presidente.
Sempre in aprile, a 50 giorni dall’inizio della guerra, arriva da Sant’Egidio l’appello di una tregua pasquale. «Chiediamo a tutti i responsabili di fermarsi per una tregua pasquale che porti al cessate il fuoco il più presto possibile, perché la gente sta morendo», chiede Impagliazzo.
Il grido della pace è il nome dell’incontro che la Comunità organizza a Roma dal 23 al 25 ottobre. Intervengono Mattarella e Macron, insieme con leader religiosi di tutto il mondo. «Vogliamo liberarci dalla prigionia della guerra. E faremo sentire il nostro grido di pace. Una pace soffocata non solo in Ucraina ma in tante parti del mondo», dice Impagliazzo alla vigilia dell’evento, che si conclude al Colosseo con l’intervento di papa Francesco.
La Comunità di Sant’Egidio è anche tra le promotrici della grande manifestazione che il 5 novembre porta in piazza a Roma la società civile per chiedere il cessate il fuoco subito e il negoziato per la pace in Ucraina. Per Impagliazzo è l’occasione per dire «basta con la narrativa della guerra, ora c’è bisogno di dare voce al popolo della pace».
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