Vatican Insider, 20 giugno 2014 (di Giacomo Galeazzi)
Città del Vaticano – “Francesco visita lo Stato più musulmano d’Europa per rilanciare il dialogo interreligioso”. Marco Impagliazzo (presidente della Comunità di Sant’Egidio) e Stefano Ceccanti (ex-presidente Fuci) analizzano per Vatican Insider il viaggio papale in Albania, paese caro alla Chiesa cattolica perché qui i credenti sono stati perseguitati come in nessun altro paese, specialmente dopo che il dittatore Enver Hoxha nel 1967 proclamò l’Albania primo Stato ateo del mondo.
“Non è dato conoscere se ci sono altri motivi, al di là di ciò che ha detto all’Angelus, per cui papa Francesco andrà in Albania il 21 settembre prossimo, compiendovi il suo primo viaggio apostolico in Europa – osserva lo storico Marco Impagliazzo, dal 2003 presidente della Comunità di Sant’Egidio e consultore dei Dicasteri vaticani dei Migranti e della Cultura – Ma è certo significativo che questo primo viaggio europeo non è diretto ai grandi paesi cattolici, ma a una terra molto periferica, di scarso peso economico e politico. Ancora dunque una scelta della periferia. Come per Lampedusa e per i viaggi in Calabria e Molise”.
Dunque Francesco non va nei grandi centri ma nelle galilee del mondo globale, mentre nella mentalità di molti sarebbe logico che un grande leader come il Papa andasse nei potenti centri decisionali del potere oppure nei luoghi delle grandi masse nazionali. “Ha grande rilievo il fatto che l’Albania sociologicamente sia a maggioranza musulmana. I cattolici vi sono poco più del 10%, i cristiani ortodossi il 20% – sottolinea Impagliazzo – L’Albania è lo Stato più musulmano d’Europa a eccezione del Kosovo che però la Santa Sede non riconosce come Stato indipendente. Il viaggio potrebbe essere un momento alto del dialogo interreligioso”.
Francesco non è mai tenero verso il potere della finanza e l’attrazione del denaro. “Però il caso albanese rappresenta per lui soprattutto ciò che ha detto all’Angelus, ossia un paese in cui tutti i credenti hanno sofferto da un’ideologia che voleva chiudere il cielo agli uomini e fondarne la vita sul materialismo – puntualizza il Presidente della Comunità di Sant’Egidio – Ma in particolare l’Albania è terra di nuovi martiri. Tantissimi cristiani, cattolici e ortodossi insieme, hanno sofferto per la loro fede. In questa terra si è manifestato quell’ecumenismo dei martiri o del sangue di cui Francesco ha parlato già diverse volte sulla scia di Giovanni Paolo II. Si può immaginare che il Papa renda omaggio a questi martiri, in qualche maniera. Ci sono in Albania ancora alcuni cristiani scampati alle persecuzioni e sarebbe bello se il Papa potesse incontrarli”.
Per quel che riguarda la crisi finanziaria, gli albanesi non si sentono vittime del capitalismo ma semmai del comunismo, causa la loro storia recente. “In Albania c’è scarsa criticità verso il sistema liberista occidentale, il capitale finanziario, l’economia liberale senza regole, certe politiche economiche nordamericane, e questo avviene per reazione a 45 anni di comunismo nazionalista e autarchico puro e duro che ha costretto la popolazione a una uguaglianza che era solo una uguaglianza nella povertà, nella mancanza di libertà, nella soggezione al regime di tutti gli individui – sostiene Impagliazzo – Comunque l’Albania è un occidente molto sui generis e lui ne terrà conto. Gli albanesi in Italia sono ormai varie centinaia di migliaia e si avvicinano al mezzo milione. In pochi anni si sono rapidamente integrati, dopo i primi difficili approcci. La loro integrazione è ormai una realtà dopo tanti discorsi urlati e sbagliati sull’’invasione’. Francesco può parlare a loro quando vuole a Roma o in Italia”.
È vero peraltro che l’Albania è una terra da cui tanti sono emigrati negli ultimi venti anni e Francesco potrebbe rilevare appropriatamente, nella sua visita, il vuoto lasciato da almeno un quarto di popolazione che se ne è andata a lavorare altrove in Europa e che ora, fra l’altro, mantiene in misura notevole il Paese con le rimesse.
Secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex-presidente degli studenti universitari cattolici della Fuci, gli aspetti principali del viaggio a Tirana sono due: “Quello religioso rappresenta una sorta di riconoscimento a un Paese in cui cattolici, ortodossi e islamici convivono molto bene, anche con un notevole numero di matrimoni misti. Quello politico per cui la visita rafforza la legittimazione del Paese come uno Stato normale che, proprio per questo, può finalmente conseguire lo status di Paese candidato all’ingresso nell’Ue, che da anni insegue”.
A giudizio di Ceccanti “con la sua visita in Albania più che astratte terze vie tra comunismo e capitalismo, Francesco indica la strada di un rinnovato modello di economia sociale di mercato, in cui la politica sotto forma di Stato non pretenda l’onnipotenza, ma al tempo stesso non si rassegni a ratificare le disegueglianze e ovviamante questo sarà più facile avvicinandosi all’Ue e poi integrandosi in essa”. Del resto, rimarca Ceccanti, “le periferie italiane negli ultimi anni si sono popolate di molti albanesi, compresi molti nostri studenti della Sapienza”.
Commenti chiusi
I commenti per questo post sono chiusi.