La Stampa, 4 gennaio 2016
Sullo ius soli si annuncia battaglia in Senato. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, considera «miope» opporsi alla riforma .
«Credo che la soluzione trovata alla Camera sia non ottimale ma positiva in questo momento storico. E credo che discutere troppo a lungo avrebbe come unico effetto la perdita di un’occasione importante di fare di questi ragazzi dei cittadini italiani a pieno titolo».
È l’effetto Bataclan: la strage di Parigi ha creato molti timori e una parte del mondo politico ha deciso di farsene interprete.
«In Italia abbiamo tutte le energie culturali e storiche per favorire l’integrazione. Non è un pericolo accogliere grazie allo ius soli, lo è tenerli ai margini: significa fare il gioco dei terroristi. È nelle fasce più marginalizzate degli stranieri che il terrorismo cresce e si alimenta, non nelle fasce integrate nella società».
L’Italia non ci guadagna nulla, offrire la cittadinanza a chi nasce e a chi studia porta solo nuovi pericoli, sostengono i contrari allo ius soli.
«L’accoglienza fa parte dei valori di umanità e solidarietà su cui si basa la cultura italiana. Approvare la nuova legge è un banco di prova per la tenuta di questi valori e di un modo per favorire un’integrazione che è già in corso. Si tratta solo di completare il percorso di crescita di queste persone sulla base dei nostri valori».
E dal punto di vista economico?
«È l’altro, enorme vantaggio per l’Italia. Abbiamo grande bisogno di giovani, di forze nuove. Lo dice la demografia che nel nostro Paese è in preoccupante calo. È miope non vedere la grande carica di energia positiva rappresentata dagli stranieri per la nostra economia».
La solidarietà e l’accoglienza fanno parte dei valori italiani ma anche del mondo cattolico. Eppure anche fra i cattolici non mancano le divisioni su questo tema.
«Chiunque si opponga a questo processo non fa i conti con la storia e ha perso il contatto con la realtà. Veniamo da un passato fatto di emigrazione e di integrazione: il nostro dovere è integrarle, non respingerle».
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