Veniamo da lontano, da Assisi 1986, quando San Giovanni Paolo II, alla fine dell’incontro interreligioso, disse: “la pace è un cantiere aperto a tutti”. Abbiamo continuato anno dopo anno ad incontrarci, convinti che la pace è sempre possibile. Siamo convinti che la preghiera può cambiare la storia e che Dio ascolta le nostre invocazioni e i gemiti di chi soffre la guerra.
Di fronte a tante guerre aperte, sentiamo ancora di più la necessità di andare controcorrente: abbiamo osato parlare di pace in un mondo, dominato dalle polarizzazioni, che usa il linguaggio della guerra. Il dolore di tanti ci spinge a osare: dire il nostro no alla mentalità di odio e di contrapposizione che provoca e prepara conflitti, che contagia la società. Non ci siamo rassegnati ma abbiamo tenuto aperte le vie del dialogo. Chiudere le vie del dialogo è una follia, perché – come diceva papa Francesco – “il mondo soffoca senza dialogo”.
Parlare di pace è resistere al male della violenza e della guerra mediante la parola, la preghiera e l’amicizia. In un mondo dove la soluzione dei conflitti sembra essere solo la guerra, le parole perdono valore e vengono umiliate. Si crede che sia inutile parlare, parlarsi. Per noi no: le parole contano, anche perché siamo tutti figli di una Parola. Abbiamo sentito in questi giorni il bisogno di ascoltarci, parlarci e conoscere perché l’uomo diventa nemico di chi non conosce. Per amare bisogna conoscere.
Cari amici, nonostante i venti di guerra, lo spirito di Assisi soffia ancora. Lo abbiamo visto in tutti questi anni stringendoci gli uni gli altri, scegliendo di resistere alla forza del male con le armi povere dell’incontro, del dialogo, della preghiera. Kondo Koko, sopravvissuta all’atomica di Hiroshima, ci ha trasmesso un messaggio fondamentale a partire dalla sua sofferenza: “è la guerra che dovremmo odiare, mai le persone!” E continueremo a resistere con voi tutti che siete in questa piazza e altrove, pellegrini di pace!
Dalle terre di guerra e di dolore sale fino a noi una incessante richiesta di un futuro di pace. Per questo vogliamo continuare ad essere portatori di una memoria decisiva: l’orrore della guerra. Le nuove generazioni devono sapere che tutto è perduto con la guerra e mai dimenticare!
Restiamo uniti tra noi nell’anelito di pace che tanti umili di questo mondo portano nel cuore. Sì, perché i poveri e gli umili della terra guardano a noi con speranza! Lo spirito di Assisi è una grande responsabilità: siamo diventati, negli anni, religioni più sorelle e speriamo che i popoli divengano più fratelli. Abbiamo cercato di non dimenticare nessuno, con la preghiera e con la memoria. Dai nostri incontri sono nate concrete iniziative di pace. Perché la pace è sempre possibile!
Osare la pace è liberare la grande energia di dialogo e di bene che c’è in ogni religione, in ogni uomo e in ogni donna. Anche se il presente appare spesso buio, noi guardiamo con trepidazione “alle scintille di speranza” che abbiamo sostenuto in questi giorni a Roma. Che arrivino a tutti i popoli, perché – lo ripetiamo ancora – la pace è sempre possibile!
L’intervento del professor Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità Sant’Egidio, è stasto pronunciato nel corso dell’evento internazionale “Osare la pace”

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