«Basta guerre, con i loro dolorosi cumuli di morti, distruzioni, esuli! Noi oggi, insieme, manifestiamo non solo la nostra ferma volontà di pace, ma anche la consapevolezza che la preghiera è una grande forza di riconciliazione». Sono le parole che Leone XIV ha pronunciato, il 28 ottobre scorso, al Colosseo davanti ai leader delle grandi religioni mondiali e ai rappresentanti del mondo della cultura e delle istituzioni, radunati a Roma dalla comunità di Sant’Egidio per il 39° incontro per la pace, nello “spirito di Assisi”, dal titolo Osare la pace.
«Con la forza della preghiera, con mani nude alzate al cielo e con mani aperte verso gli altri», ha invocato papa Leone, «dobbiamo far sì che tramonti presto questa stagione della storia segnata dalla guerra e dalla prepotenza della forza e inizi una storia nuova. Non possiamo accettare che questa stagione perduri oltre, che plasmi la mentalità dei popoli, che ci si abitui alla guerra come compagna normale della storia umana. Basta! È il grido dei poveri e il grido della terra. Basta! Signore, ascolta il nostro grido!».
Il grido delle vittime delle guerre e della violenza è stato ascoltato nei ventidue Forum su temi diversi in cui s’è articolato il programma dell’incontro: da Gaza all’Ucraina, dal Sudan al Congo, passando per chi è dimenticato in Afghanistan o in Siria, ma anche riflettendo sulla forza debole della preghiera, sul dialogo ecumenico e interreligioso, sul ruolo dell’Europa, sul futuro dell’Africa, sull’Intelligenza artificiale e sulle migrazioni, sul disarmo nucleare e sulla salvaguardia dell’ambiente.
Nell’assemblea inaugurale, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha invitato a contrapporre «alla forza della prepotenza la forza tranquilla delle istituzioni di pace», e ha auspicato che «la scintilla di speranza innescata in Terra Santa si estenda anche all’Ucraina, dove le iniziative negoziali stentano ancora a prendere concretezza, mentre le sofferenze di bambini, donne, uomini, procurate dalla spietatezza dell’aggressione russa, non accennano a diminuire».
Introducendo il convegno, Andrea Riccardi ha parlato di un mondo attraversato da un ritorno della violenza e del nazionalismo, «un’età della forza che ha riabilitato la guerra come strumento per perseguire i propri interessi e disegni» e che «ha riversato, nell’animo della gente, una carica di aggressività» e di polarizzazione, la cui forma estrema è la guerra. «Dobbiamo realizzare un’irruzione di donne e uomini comuni nella storia, senza violenza, tramite la pratica del dialogo, con pensieri fraterni e visioni di pace», ha affermato il fondatore di Sant’Egidio. «In una società frantumata, come molte sono, in cui domina la dimensione dell’io, il dialogo deve ritornare centrale nella società e nelle relazioni tra i popoli».
Manuel Castells, sociologo spagnolo dell’Università di Berkeley, ha osservato che in un tempo di disperazione «il rifugio in Dio è una potente fonte di generazione di speranza», richiamando il «bisogno di una leadership religiosa coraggiosa», che induca gli Stati e le società «a dare priorità al raggiungimento della pace nel mondo prima che sia troppo tardi».
Commovente la testimonianza di Kondo Koko, sopravvissuta all’atomica di Hiroshima: «È la guerra che dovremmo odiare, mai le persone!». Raccontando dell’incontro con il pilota del bombardiere americano che sganciò la bomba su Hiroshima – e a cui ha offerto il suo perdono – Koko ha detto: «Oggi parlo non come vittima, ma come testimone. Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo cambiare il modo in cui lo ricordiamo. Possiamo ricordarlo con compassione, non con odio».
Tra i leader religiosi presenti, il Grande Imam di Al-Azhar Al-Tayyeb ha richiamato la Dichiarazione sulla fratellanza umana firmata con papa Francesco ad Abu Dhabi come segno di speranza per un futuro fondato su valori morali condivisi, osservando che «la giustizia è la legge suprema della vita e la pace ne è il frutto naturale».
Pinchas Goldschmidt, presidente della Conferenza dei rabbini europei, ha ricordato che, nella tradizione ebraica, la pace non è una tregua fragile, ma «una fiamma conquistata tra le lacrime. La pace non è un sogno remoto: è la scelta quotidiana di chi disarma l’orgoglio e condivide il pane con lo straniero».
Il cardinale Matteo Zuppi ha invitato a non rassegnarsi alla logica della violenza, secondo cui la guerra è una triste ma ineluttabile realtà della storia dell’uomo: «Il primo modo per osare la pace è non smettere di cercarla. Alla globalizzazione dell’indifferenza si oppone la cultura dell’incontro, alla globalizzazione dell’impotenza si oppone la cultura della riconciliazione».
Al termine dell’incontro, che ha radunato diecimila persone, tra cui molti giovani, papa Leone e i leader religiosi hanno diffuso un appello che invita ad accorgersi che «nel mondo c’è un’immensa sete di pace, disarmata e disarmante» e che «non c’è futuro se la guerra si sostituisce alla diplomazia e al dialogo nella soluzione dei conflitti».
Appuntamento l’anno prossimo ad Assisi, a quarant’anni dalla storica Giornata di preghiera per la pace convocata da Giovanni Paolo II. In quell’occasione papa Wojtyła disse: «La pace è un cantiere aperto a tutti». Questi anni di incontro, dialogo e amicizia nello “spirito di Assisi” mostrano la vitalità di questa intuizione profetica, mostrando che i leader religiosi che compiono tale cammino esercitano un ministero della pace in un mondo diviso.

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