“L’altra sera in Piazza San Francesco a Matera si percepiva il pathos, la passione. Era come se la gente che ascoltava padre Enzo Fortunato, Simonetta Gola Strada, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, monsignor Caiazzo e me, volesse trasmetterci il suo desiderio di pace, affinché noi gli dessimo voce“. Il professor Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio, il giorno dopo aver partecipato alla Festa di Avvenire è tornato a Roma, per accogliere la speaker della Camera, dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, in visita alla piccola Onu di Trastevere, come è stata chiamata la comunità fondata tanti anni fa dal professor Andrea Riccardi: “Ho spiegato a Nancy Pelosi che le conseguenze della guerra in Ucraina per noi in Europa sono molto più pesanti rispetto a quelle che si vivono negli Usa, che c’è un impoverimento oggettivo dei Paesi dell’Africa e che è necessario trovare vie di pace“.
Abbiamo raggiunto Marco Impagliazzo per un giudizio sulla Festa di Avvenire e un approfondimento sulle ragioni della pace. “L’impressione che ho avuto di Matera – afferma – è quella di una città sempre più bella, anche il completamento della strada per Bari dà la sensazione che la Città dei Sassi è stabilmente collegata ad altri poli attrattivi del Mezzogiorno e dell’Italia. La Festa di Avvenire è stata molto opportuna, perché abbiamo potuto dare voce alla speranza di tanti italiani, alla gente umile delle nostre terre che chiede la pace, perché vede le conseguenze devastanti della guerra, sia a livello umano per gli ucraini, ma anche a livello sociale ed economico per il nostro Paese. Sono mesi che siamo bombardati, anche comprensibilmente, di notizie sulla guerra, abbiamo l’impressione di sapere tutto, ma alla fine ci rendiamo conto di non capire, Perché qual è lo spazio per comprendere davvero i motivi e le dinamiche che ci hanno fatto precipitare in questa tragedia? Ma soprattutto quali sono gli spazi per la pace? A Matera ho insistito sul fatto che siamo travolti dalla semplificazione tipica della guerra, che divide tutto in una lotta tra buoni e cattivi, bianco e nero, Davide contro Golia. In realtà noi parliamo di un Paese, la Russia, che ha una dozzina di fusi orari, dove vivono tanti popoli con lingue, religioni, tradizioni diverse. Dall’altra parte c’è il Paese vittima dell’aggressione, l’Ucraina, che viene da una storia complicata. In Piazza a Matera c’era un’assemblea che, nella desertificazione della complessità operata in questi mesi, aveva sete di comprendere”.
Questa semplificazione in buoni e cattivi sembra funzionale al disegno di ridividare il mondo in blocchi contrapposti…
“Creare contrapposizioni antiche e nuove, per poi restarne prigionieri, sembra appartenere alla natura umana. Ci contrapponiamo su tutto, anche all’interno delle nostre società, all’interno della Chiesa, nella politica. Però è necessario trovare altre vie di convivenza e di comprensione, altrimenti, se tutto si riduce ad uno scontro tra tifosi, chi lavora per il futuro?”
Che speranze ha la pace in questo momento?
“Impariamo a conoscere la guerra e i suoi dolori e questo ci farà desiderare la pace. Non viviamo la guerra come tifosi, ma immedesimiamoci in chi soffre a causa di essa. Inoltre non consideriamo la guerra come un elemento ordinario a cui abituarsi. Dobbiamo continuare a manifestare, a esprimere il nostro desiderio di pace, noi cristiani a pregare per la pace, chiedendo a chi ci governa che si renda conto che la vera vittoria non sarà mai quella dell’uno contro l’altro – vedi il caso dell’Afghanistan – ma sarà la pace. Il problema è che ora siamo in un cul-de-sac, perché continuiamo a inviare armamenti in Ucraina, in quanto diciamo che i Russi sono criminali, ma sappiamo che questo non porta da nessuna parte. Intanto le armi segnano la sconfitta dell’umanità”.
Cosa raccontano i vostri volontari e la Comunità di Sant’Egidio in Ucraina?
“Comincia a scarseggiare tutto e c’è molta stanchezza, ma anche tanto orgoglio per la resistenza. Gli ucraini vedono che i problemi, oltre i bombardamenti, sono enormi. Molti che stavano rientrando in patria hanno rinunciato. C’è un problema sanitario immenso, gli ospedali sono al collasso e la richiesta più forte che riceviamo è quella di farmaci, insieme a quella di cibo.”
La serata di Matera è iniziata con il racconto di Cecilia Strada, che era a bordo di una nave impegnata a salvare vite umane nel Mediterraneo. L’unica possibilità per fermare la strage dei migranti sono i corridoi umanitari ideati e promossi dalla Comunità. di Sant’Egidio…
“É necessario allargare il decreto flussi e sistematizzare i corridoi umanitari, non solo per chi ha bisogno di protezione immediata, ma come modello per arrivare da noi in sicurezza e legalità. Va, quindi, ripristinata la figura del garante responsabile per l’accoglienza di chi arriva. Nency Pelosi ha detto che il modello dei corridoi umanitari potrebbe essere utilizzato anche dagli Stati Uniti, per evitare le tragedie come quelle del Texas.”
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