Pietro Borzomati e la santità capace di fare la storia

Avvenire, 1 ottobre 2014

Esiste un forte nesso tra santità, spiritualità e azione nella società civile. La storiografia non può ignorare questo “servizio”, generalmente alieno da motivazioni egemoniche e realmente volto al bene comune”.
Questo breve inciso scritto nella presentazione di un suo volume, raccoglie tanto del sentire e dello spendersi dello storico calabrese Pietro Borzomati, scomparso ottantunenne per un male incurabile. Intellettuale, studioso, docente, uomo di Chiesa, ma soprattutto credente fervido e leale, Borzomati ha perseguito, tra tanti impegni, un’intuizione centrale lungo tutto il suo itinerario di studi e insegnamento, dagli inizi all’Università di Messina, dove conobbe don Giuseppe De Luca, a Salerno, Roma, Venezia e Perugia. Tale intuizione è che la spiritualità e la santità conducono all’azione civile, dunque fanno la storia. E questa storia va indagata e fatta conoscere, non con intenti agiografici o cronachistici, ma con gli strumenti e la metodologia della ricerca storica, restituendole piena dignità in ambito storiografico. Preoccupazioni ereditate e condivise con amici e colleghi, dal citato De Luca a Massimo Petrocchi, a Gabriele De Rosa, ai tanti compomnenti una scuola di studi storici che attraversa l’Italia e oggi ne sentono forte la mancanza. “Che cos’è la spiritualità? – si chiedeva in un convegno foggiano nel 2003 – E’ un itinerario verso la perfezione, è un donarsi con amore al mondo, è rendere un servizio agli emarginati, un edificare la città terrena su solide fondamenta per realizzare un’autentica giustizia sociale”. Per questo la storia della spiritualità non è una disciplina di nicchia, confessionale, ma si inserisce a pieno titolo nella storia contemporanea.
L’altra grande passione di Pietro Borzomati è stata il Sud. Il mezzogiorno d’Italia, le vicende della sua Chiesa in tutte le sue componenti, laici, clero, episcopato, mondo religioso e confraternitale, figure esemplari di contemplazione e di carità vissuta. Un Sud che lo studioso calabrese amava, senza mitizzazioni o assoluzioni, nella sua contraddittorietà. Il suo Chiesa e Società Meridionale. Dalla Restaurazione al secondo dopoguerra, apparso nel 1982 e riedito nel 1991, resta un punto di partenza importante per comprendere la realtà meridionale. In esso emerge il rapporto tra le componenti ecclesiali e la società civile, e tratti della storia del movimento cattolico. Molte, poi, sono state le personalità e i protagonisti di cui Borzomati ha ricostruito gli itinerari, attento a indagare le motivazioni religiose, ideali, spirituali alla base delle realizzazioni e del fare concreto. Tra essi Eustachio Montemurro medico e prete. Un mistico del Novecento, come recita il sottotitolo alla monografia del 1997, Carlo De Cardona, animatore del movimento cattolico in Calabria tra 1900 e 1913, Annibale Di Francia e le congregazioni religiose del mezzogiorno, Giovanni Battista Scalabrini vescovo degli emarginati, don Divo Barsotti e altri, come quelli analizzati in Protagonisti e studiosi della spiritualità italiana (Rubbettino 2006). Storia sociale e religiosa, dunque, con una speciale attenzione ai protagonisti “minori”, alla storia degli “ultimi”, dei migranti, dei poveri. C’è un filo rosso, tuttavia, che si coglie anche nelle collane editoriali che Borzomati ha diretto con cura: I contemplativi nel mondo, per la SEI; Storia e società dell’Editrice La Goliardica di Roma; Spiritualità e promozione umana dell’editore Rubbettino della sua Calabria. Decine di titoli selezionati nel costante sforzo di arricchire e moltiplicare gli studi sui temi che prediligeva. Quel legame tra spiritualità e azione che egli indagava, del resto, era per lui uno stile di vita. Per lunghi anni, fino alla morte, è stato consultore della Congregazione per le Cause dei Santi. Lo testimoniano le tante collaborazioni, con il Progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, e particolarmente con il vescovo Cataldo Naro con cui erano profondamente amici, ma anche con l’Unione Cattolica Maestri Italiani, col Movimento Laureati Cattolici e l’Intesa Cattolica Universitaria. Con l’Ufficio Studi dell’Azione Cattolica Italiana, di cui è stato dirigente. Pietro era membro delle Settimane sociali dei cattolici Italiani e del Comitato scientifico del DIzionario Storico del Movimento Cattolico in Italia (1961-1981). Come giornalista ha collaborato e scritto editoriali per l’Osservatore Romano, Avvenire, Jesus, Segnosette, Vita Pastorale e, più recentemente, per Tv2000.
Un altro capitolo della sua vita è il rapporto con l’Umbria, sbocciato e cresciuto per motivi familiari e professionali: Terni e Perugia. Il suo primo incaricato da insegnante nella scuola superiore a Terni e il matrimonio con la ternana Daniela Tazza. Poi a Perugia, dove per nove anni è stato preside della facoltàd i Lingua e cultura italiana dell’Università per Stranieri, che lo ha insignito del titolo di Professore onorario. Chi ha avuto la fortuna, come il sottoscritto, di conoscerlo e di collaborare per tanti anni ha perso un amico leale e prezioso; ma ha apprezzato un uomo al quale ben si attagliano le note parole di don De Luca: “Dedicarsi nella solitudine allo studio puro sembra chi sa che stoltezza; è invece timore di Dio, è inizio di sapienza. E’ il grande eremitismo cristiano, è una preparazione (sulla croce) a contemplare Dio. Ci siamo dimenticati che l’anima non la salviamo senza impegnare a fondo l’intelligenza”.

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