Un bambino siriano di un anno muore di freddo al confine tra Bielorussia e Polonia. Una tragedia. Che si somma a migliaia di tragedie dei migranti, ogni anno, sulla soglia dell’Europa.
L’unità europea doveva essere un esempio per tutti: paesi diversi che si uniscono e pongono fine all’ostilità che per tanti secoli li ha divisi. Tuttavia, ora tale unità diviene un pretesto per chiudersi davanti a un mondo percepito solo come una minaccia. Il benessere europeo attira ancora tanti ma le frontiere sono bloccate.
Viviamo nel paradosso: la popolazione europea invecchia, la crisi demografica è fortissima, manca manodopera ma la paura è più forte della convenienza. Così gli europei non ne vogliono sapere di integrare nella loro società cittadini stranieri (la stragrande maggioranza giovani e giovanissimi) in cerca di una vita migliore, che pure sarebbero tanto utili. Ci si commuove, com’è accaduto nello scorso agosto davanti al muro dell’aeroporto di Kabul, ma già oggi l’entrata di afghani in provenienza dal Pakistan o dall’Iran è percepita come un pericolo. In teoria vietato dalle norme internazionali, il respingimento alla frontiera è divenuto la regola, come si vede tra Bielorussia e Polonia. Di fronte a queste realtà si può dire che non ce la facciamo, che è troppo. Si possono lanciare accuse di manipolazione politica dei migranti. Ma alle porte d’Europa bussa una domanda di vita e di futuro rivolta a tutti gli europei che restano rassegnati ed impotenti, lacerati tra riflesso di umanità e preservazione di sé. Per citare papa Francesco sono vite scartate che chiedono di essere accolte affinché non sia rubata loro anche la speranza: «Con i rifugiati la Provvidenza ci offre un’occasione per costruire una società più solidale, più fraterna, e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo». È vero. C’è un’opportunità anche per noi. In gioco c’è la volontà di non derogare alla civiltà europea, all’imperativo della democrazia e dei diritti. Qualcuno reagisce cercando di organizzare la speranza: Comunità di Sant’Egidio, Caritas italiana, Chiese evangeliche ed altre associazioni, in accordo con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri, aprono varchi con i corridoi umanitari. Si tratta attualmente dell’unica porta disponibile per entrare legalmente in Europa. Recentemente si è aggiunto il protocollo ad hoc per uno specifico corridoio umanitario a favore di 1200 afghani, che va ad aggiungersi a quelli dai campi del Libano per i profughi di Siria e Medio Oriente, dai campi dell’Etiopia per i rifugiati del Corno d’Africa, oggi in guerra, e da altre zone dell’Africa subsahariana e infine a quello dalla Libia per chi è intrappolato nei famigerati centri di detenzione.
I corridoi hanno lo scopo di contrastare lo sfruttamento di uomini, donne e bambini, da parte di trafficanti senza scrupoli. L’ambizione dei promotori è di giungere a dei corridoi europei. La società civile ha un ruolo decisivo nel risvegliare le istituzioni nazionali o europee perché scongelino provvedimenti legislativi bloccati in favore dei migranti. È nato un nuovo movimento. Come i giovani dei Friday for future lottano per la transizione ecologica, così tanti cittadini italiani e europei non si rassegnano a vedere donne, uomini e bambini morire nel Mediterraneo, nell’Egeo o nelle foreste bielorusse o bosniache. È un altro modo popolare di manifestare lo sdegno e la protesta sulla base dei valori con cui abbiamo costruito il continente.
La paura è una cattiva consigliera: la minaccia non viene da fuori ma da dentro i confini di un’Europa che, abbandonando i propri valori, distrugge la sua fibra umanistica e democratica. Il rifiuto della solidarietà avvelena tutti. Alcuni paesi dell’Unione stanno iniziando a limitare le libertà e il potere della giustizia, altri a sottomettersi a venti populisti o sovranisti. La guerra stessa è tornata in Europa dopo anni di pace, come si vede in Ucraina. Ma se uccidiamo l’anima umanistica del nostro continente, non sarà la minaccia esterna a sorprenderci perché la fine arriverà da dentro.
Commenti chiusi
I commenti per questo post sono chiusi.