I cattolici e la questione elettorale

Da qualche giorno nella campagna elettorale si è tornati a parlare della questione cattolica. La Chiesa che ruolo avrà nelle prossime elezioni? Esiste un peso del voto dei cattolici? La politica darà risposta alle questioni di maggiore interesse per la Chiesa?

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Un editoriale dello storico Andrea Riccardi sul Corriere della sera ha posto per primo la questione e ha richiamato la Chiesa italiana ha “trovare parole e linguaggio per incrociare un discorso pubblico”, dando voce a esperienze e sentimenti che vivono nel suo interno. In altre parole, i cattolici hanno un ruolo essenziale nella società italiana, la Chiesa è la più grande rete sociale in Italia, ma l’incidenza a livello culturale e politico è molto relativa.
Sulla scia di questo intervento e legato anche agli appuntamenti politici del meeting di Rimini, si è cominciato a misurare il gradimento dei cattolici per l’uno o l’altro schieramento. Dimenticando che l’applausometro del Meeting è un metro piuttosto volatile di rilevamento. Ma guardiamo alla realtà: è evidente che la Chiesa italiana, nelle sue espressioni istituzionali a partire dai vescovi, ha scelto una linea riservata, anche se non equidistante, verso la politica partitica e le campagne elettorali. Papa Francesco parla di “amore politico”, cioè di una politica in grado di proteggere soprattutto i più fragili. I tempi sono totalmente cambiati rispetto alla prima Repubblica quando la DC era il partito di riferimento perla Chiesa.
Più ancora, con la fine dell’unità politica dei cattolici durante la seconda Repubblica, si è avuta una diaspora politica. In reazione a questo, dalla metà degli anni Novanta per almeno un decennio, la Chiesa italiana guidata dal card. Ruini ha cercato di dare consistenza al cosiddetto “progetto culturale” cercando di ricreare un orizzonte comune per i cattolici anche nella sfera politica. Di conseguenza scelse come interlocutore privilegiato il centro-destra guidato da Berlusconi. Oggi quella stagione, che poteva identificarsi nel quadro dei cosiddetti “valori non negoziabili”, è finita.
Papa Francesco dal 2013 ha indirizzato la Chiesa verso altre priorità. La recente elezione a presidente della CEI del card. Matteo Zuppi ha mostrato alcuni segni di novità misurabili in recenti prese di posizione sulla stagione elettorale. Zuppi ha evidenziato i rischi del momento per l’Italia e l’Europa: ha fatto un “forte appello alla responsabilità individuale e collettiva per affrontare la prossima scadenza elettorale”. E ha aggiunto: «Dobbiamo pensare alla sofferenza delle persone e garantire risposte serie, non ideologiche o ingannevoli, che indichino anche, se necessario, sacrifici, ma diano sicurezza e motivi di speranza. Le fragilità emerse con la pandemia, ad iniziare dagli anziani non autosufficienti, i disabili, i tanti malati psichici, la tanta e atroce solitudine, richiedono una protezione della persona efficace che solo uno straordinario impegno può permettere».
La Chiesa è cosciente della drammaticità della congiuntura sociale e economica del Paese che incide pesantemente sulla vita delle famiglie e delle imprese a causa dell’inflazione e delle diseguaglianze in aumento, del debito pubblico che ha raggiunto una dimensione enorme. Avvenire, il quotidiano di ispirazione cattolica, solleva da tempo temi scomodi per la politica che rivelano le vere esigenze dei cittadini, dalla difesa e dal sostegno della famiglia all’integrazione degli immigrati. Insomma, la Chiesa, pur non schierandosi con una parte, richiama la politica all’ora “dei doveri e delle responsabilità”.

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