Il governo non ignori i sei milioni di poveri

Tag: , , ,

Prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina con le sue conseguenze anche economiche. Una povertà che continua a crescere: secondo l’Istat 5 milioni e 600mila persone sotto la soglia che gli esperti indicano come necessaria per vivere in modo dignitoso. Questa è la realtà che si presenta oggi in Italia.

Una crisi che colpisce tanti e che riguarda situazioni molto diverse tra loro. Non si tratta di numeri ma di persone, ognuna – giovane, adulta o anziana, del Nord, del Sud o delle isole – con una sua storia e un suo carico di sofferenza personale o familiare. Il problema è ridare speranza e fare intravedere un futuro vivibile, come base per poter ripartire.

E’ lo scenario che si è trovato di fronte anche il nuovo governo alle prese con una finanziaria che deve preoccuparsi di tutti gli italiani ma soprattutto di quelli che hanno più bisogno. Redistribuire facendo giustizia, considerando che un paese è anche una “comunità” in cui difficilmente si può vivere la pace sociale lasciando indietro una parte cospicua, circa il 10% della sua popolazione. Tale è la sfida che abbiamo di fronte e che nessuna forza politica può ignorare: non ignorare quasi sei milioni di poveri e impoveriti, considerando che sono persone e famiglie.

L’attuale maggioranza ha deciso di agire secondo i criteri che aveva annunciato in campagna elettorale: abolire il reddito di cittadinanza, riformare il regime fiscale, solo per limitarsi a due misure maggiori. Per la prima questione, che agita molto il dibattito politico di questi giorni, i numeri sono questi: nei primi sette mesi del 2022 il reddito di cittadinanza ha riguardato oltre 3 milioni 515.428 persone (corrispondenti a 1.605.819 nuclei familiari) per un importo medio di 552,33 euro a persona. In Sardegna, a settembre scorso le persone coinvolte erano 44.032. Per il momento si è deciso di intervenire riducendo la sua capacità di azione, limitando il reddito ad otto mesi per le persone “occupabili”. Non si parla più della sua totale abolizione. Le decisioni prese introducono limitazioni che hanno dato luogo ad una dialettica dentro l’esecutivo: ci sono dubbi.

L’architrave su cui si basala scelta ha al centro il concetto di “occupabile”: si intende eliminare la concessione del sussidio a chi potrebbe essere assunto e non riesce a trovare lavoro. In altre parole si insinua che ci sarebbe una carenza di volontà nel cercarlo. Ci chiediamo se le cose stanno davvero così ma soprattutto se sia prudente tagliare il reddito proprio all’arrivo della recessione. In quelle oltre tre milioni di persone ci sono numerosi soggetti fragili che non possono facilmente trovare un impiego per la loro età o per la loro condizione. Basta pensare che il 70,8% dei precettori “occupabili” possiede un titolo di studio inferiore alla terza media, 135mila hanno trai 50 e i 59 anni e 53mila oltre 60 anni, quindi età davvero difficili per trovare un lavoro. Senza contare che i centri per l’impiego riescono a dare risposte positive a chi vi si rivolge solo per il 3,76 per cento.

E’ davvero necessario diminuire l’unica forma di sostegno ai più poveri, adulti se non anziani, proprio in questo difficile tempo di crisi? Per il reddito di cittadinanza l’Istat ha parlato di oltre un milione di persone (corrispondenti a circa 500mila nuclei familiari) che, grazie al sostegno sono riuscite a non sprofondare sotto la soglia della povertà.

Perché la nuova legge di bilancio vada nel senso di una giustizia sociale deve riguardare tutti pensando, in particolare, a come ridistribuire il reddito a favore delle classi più disagiate. Tale considerazione deve includere una riforma più equa del regime fiscale: solo per fare un esempio, la necessità di pensioni più dignitose per tanti anziani.
Il governo ha detto di voler evitare un ulteriore scivolamento del ceto medio. Ha anche rialzato un po’ le pensioni minime. Si tratta di buone notizie ma non deve essere a discapito della fascia più bassa. Andando verso un inverno difficile, sarebbe saggio riuscire a essere più incisivi anche sul resto del sistema previdenziale. Per comprenderne l’urgenza è sufficiente guardare alle file che aumentano ogni giorno davanti ai centri di distribuzione alimentare. Ë’ partendo dal basso che si capisce meglio la futura situazione generale del paese.

Commenti chiusi

I commenti per questo post sono chiusi.