Nel romanzo autobiografico “Mia sorella Antigone” la scrittrice ebrea tedesca Grete Weil, sfuggita alla deportazione durante la guerra, scrisse in maniera tormentata che «più il tempo passa, più Auschwitz si avvicina». Quel campo di concentramento fu infatti l’esito terribile di un lungo percorso di antisemitismo, che non è stato sconfitto una volta per tutte, anzi può riemergere, come abbiamo visto riemergere anche oggi. È doloroso celebrare quest’anno il Giorno della Memoria mentre è in corso la guerra tra Israele e Hamas. Proprio per questo, però, il 27 gennaio deve essere messo in primo piano e aiutare tutti a riflettere sui tempi che viviamo.
L’antisemitismo infatti è un fenomeno complesso, multiforme, che ha avuto un peso enorme nel corso della storia. Sarebbe un errore credere che sia un problema solo per gli ebrei: riguarda tutti, perché tocca questioni fondamentali come l’identità, l’inclusione e l’esclusione, l’utilizzo politico e ideologico delle religioni, la democrazia. È, in altre parole, una questione cruciale per la società intera perché mette in gioco la possibilità o meno di vivere assieme in maniera pacifica e di superare l’idea che il diverso da sé sia un nemico.
Il caso del nazismo è emblematico: iniziò colpendo gli ebrei a morte e distrusse la convivenza civile e, dopo aver scatenato una guerra disastrosa, alla fine lasciò la Germania in un cumulo di macerie. Vista la rilevanza dell’antisemitismo nel tempo, gli studi che hanno cercato di metterne a fuoco le cause e le caratteristiche si sono moltiplicati, tanto che c’è chi parla oggi di un’“ipertrofia della memoria”, che avrebbe l’effetto negativo di “normalizzare” la tragedia vissuta durante la Seconda guerra mondiale. Ma ricordare collettivamente è fondamentale.
Anzi, la memoria deve manifestarsi con maggiore larghezza proprio nei momenti più difficili, come quello che stiamo vivendo. In seguito allo scoppio della guerra a Gaza, il numero degli episodi di antisemitismo è in forte crescita. Negli Stati Uniti l’Anti Defamation League (Adl) ha registrato 2031 azioni antiebraiche tra il 7 ottobre ed il 12 dicembre 2023 con un aumento del 337 per cento rispetto al 2022. In Australia, secondo le Comunità ebraiche locali, la crescita è stata del 591%. A Berlino hanno tirato molotov contro le sinagoghe, in Francia sono comparse le Stelle di David sulle case di ebrei portando ad un aumento del 430% le richieste di emigrazione verso Israele. In Italia, dove l’intensità dell’odio antiebraico è stata forse minore, ebrei con la kippà sono stati insultati a Roma, Genova e Milano.
Si diffonde inoltre un negazionismo strisciante, che non ha neppure più bisogno degli storici negazionisti. E ciò già qualche anno prima dell’attacco terroristico di Hamas in terra israeliana. Facendo solo l’esempio dell’Italia, secondo l’Eurispes, dal 2004 al 2020 il numero di coloro che, nel nostro Paese, affermano che la Shoah non sia mai avvenuta è passato dal 3% al 16%.
Oggi il negazionismo è più banale e semplificato rispetto a qualche decennio fa. Ha detto con chiarezza il presidente Mattarella ieri: «I morti di Auschwitz, dispersi nel vento, ci ammoniscono continuamente: il cammino dell’uomo procede su strade accidentate e rischiose. Lo manifesta anche il ritorno, nel mondo, di pericolose fattispecie di antisemitismo: del pregiudizio che ricalca antichi stereotipi antiebraici, potenziato da social media senza controllo e senza pudore. La nostra Costituzione dispone con chiarezza: tutti i cittadini sono portatori degli stessi diritti».
Il rischio è che l’antisemitismo e la Shoah siano svalutati, all’interno di una visione ideologica che mette Israele e Hamas sullo stesso piano. Infatti oggi gli ebrei, da molti considerati collettivamente responsabili delle scelte del governo di Netanyahu, sono accusati di perpetrare sul popolo palestinese le sofferenze che essi stessi hanno subito in passato. Vengono avanzati paragoni storici che non hanno senso, ma che hanno presa nelle masse.
È un’involuzione del dibattito su ebrei e antisemitismo che va presa molto sul serio. Occorre una rinnovata capacità di comunicare ciò che è successo alle generazioni più giovani. Auschwitz, infatti, è un nodo della storia, un passaggio ineludibile. È la pietra d’inciampo che ci costringe a fare memoria, per non preparare un futuro disastroso. L’antisemitismo riguarda tutti, minaccia tutti, è come una slavina che, se non viene fermata, travolge ogni cosa che incontra sul suo cammino, portando morte e distruzione. È il volto della divisione, in un mondo che invece potrà essere in pace solo se saprà trovare le ragioni del vivere insieme tra diversi.
Commenti chiusi
I commenti per questo post sono chiusi.